Mindfullness

Che cos’è la mindfulness?
Mindfulness è un termine inglese che traduce la parola Sati, che nella lingua che ha usato il Buddha nei sutra indica una qualità della coscienza che può essere coltivata e sviluppata attraverso la meditazione.

Mindfulness quindi è la consapevolezza che si sta portando attenzione, con intenzionalità e senza giudizio, al processo dell’esperienza che si sta svolgendo momento per momento
Questa breve definizione racchiude molti termini ricchi di significato, è però nella pratica, non nelle teorie o nelle definizioni, che troveremo ciò che significa mindfulness. 
E’ la pratica ciò che cambia davvero il nostro corpo e la nostra modalità di pensiero. Ricerche su persone che non hanno mai meditato e iniziano un percorso di 40 minuti di pratica al giorno, hanno evidenziato un aumento della corteccia cerebrale e cambiamenti a livello di circuiti neurali. Queste modifiche, studiate attraverso tecniche di neuroimaging, migliorano la memoria di lavoro, i processi decisionali e le interazioni mente-corpo.
Spesso uno degli effetti che riscontriamo è il rilassamento, ma la mindfulness non è una tecnica di rilassamento e questo, se presente, è solo un effetto secondario. Lo scopo è allenare intenzionalmente lo stato di presenza.
La mindfulness è una pratica, un modo di essere, non è buona idea o una moda passeggera. Il termine Mindfulness è relativamente recente, ma la pratica su cui si basa è antica di qualche millennio. 
La nascita dei protocolli Mindfulness-Based
Il termine mindfulness fu introdotto negli anni 80 da Jon Kabat-Zinn, biologo e praticante di meditazione vipassana. Il suo protocollo Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) è stato testato scientificamente e da questo sono nati vari programmi “Mindfulness-Based”, ossia “basato sulla pratica di consapevolezza”. Il protocollo MBSR è orientato alla terapia di stress, ansia e dolore cronico. Prevede una durata di 8 settimane, incontri di 2/3 ore una volta a settimana, indispensabile la pratica a casa per almeno 40 minuti. I numerosi studi condotti da vari ricercatori hanno evidenziato risultati molto positivi anche in pazienti considerati difficili da trattare. La potenzialità del questo approccio sta nella trasversalità dei contesti e dei disturbi che beneficiano della pratica costante della mindfulness.
Kabat-Zinn ha elaborato i principi buddhisti all’interno di un approccio scientifico con lo scopo di testare come la pratica di meditazione abbia il potere di trasformare, significativamente e in modo duraturo, la nostra esperienza della sofferenza, del disagio, dello stress. Nell’ottica buddhista dobbiamo prendere coscienza della sofferenza, l’approccio è radicalmente diverso da ciò che usualmente mette in atto la scienza occidentale, ossia il tentativo di risolvere, di togliere di mezzo l’esperienza della sofferenza.
Il protocollo di Kabat-Zinn è stato ben accolto perché è riuscito a conciliare la visione orientale con quella occidentale: ha tolto ogni possibile rimando religioso o mistico portando la potenzialità della tradizione buddhista nell’ottica scientifica del mondo occidentale.
I benefici della mindfulness
Un aspetto fondamentale nelle prospettive basate sulla mindfulness è la rilevanza attribuita all’unità mente-corpo. La mindfulness permette alla persona di esplorare la dimensione della propria corporeità in modo autonomo e spontaneo. Nella cultura occidentale si è persa questa unità, solo da poco si è ricominciato a considerare tale concetto abbandonando l’idea che salute e malattia appartengano al corpo o alla mente, dal momento che sono profondamente interconnessi e interdipendenti.
I benefici di una pratica costante portata avanti nel tempo sono vari:
• Mantiene l’equilibrio emozionale
• Pensiero non giudicante
• Migliora la serenità
• Attenzione sul presente
• Diminuisce i livelli di stress
• Maggior capacità decisionale
• Capacità di ascolto
• Minor impulsività
• Migliora la gestione degli stati psicopatologici
• Maggior capacità di superare i momenti difficili
• Migliora i rapporti con gli altri
• Accresce l’autostima
• Migliora la funzione immunitaria
• Migliora la qualità della vita
• Migliora le abilità cognitive
• Riduce il dolore

Le posizioni della mindfulness
La posizione non dev’essere una prigione, quindi è consigliabile sperimentare varie posizioni alla ricerca di quella che si adatta meglio al nostro corpo. Durante la pratica per quanto possibile è richiesta l’immobilità, sempre ricordandoci che non dev’essere una prigione.
1. Posizione seduta birmana: sopra un materassino da yoga tieni le gambe piegate una di fronte all’altra senza sovrapporre i piedi e con un supporto sotto i glutei, che può essere un cuscino da meditazione oppure un plaid ripiegato. I punti di appoggio dovrebbero essere i glutei, le ginocchia e il dorso dei piedi. Le mani possono poggiare sulle gambe. La schiena dev’essere dritta ma non rigida e il mento leggermente spostato verso il basso.
2. Posizione seduta del loto o del mezzo loto: simile alla birmana, ma i piedi sono uno sopra l’altro (mezzo loto) oppure incrociati in modo tale che entrambe le piante dei piedi siano rivoIte verso l’alto. Quest’ultima posizione è la più difficile da assumere, non dobbiamo costringere il nostro corpo ad andare oltre le sue potenzialità. Anche in questa posizione la schiena dev’essere dritta ma non rigida e il mento leggermente spostato verso il basso.
3. Posizione seduta: su un panchetto di legno oppure tenendo tra le ginocchia un cuscino non troppo morbido sedendosi sui talloni.
4. Seduti su una sedia: le piante dei piedi devono potersi appoggiare stabilmente a terra. Non appoggiare la schiena allo schienale perché si tenderebbe ad andare troppo indietro, se avete problemi di schiena è possibile appoggiarsi a un cuscino.
5. Posizione sdraiata: il problema di questa posizione è scambiare la meditazione con un rilassamento, con il rischio di addormentarsi. È una posizione consigliabile a chi ha problemi fisici che impediscono la posizione verticale. Per aiutare la vigilanza le piante dei piedi dovrebbero poggiare sul materassino tenendo le ginocchia sollevate da terra. Sia i piedi che le ginocchia non devono essere tra loro in contatto. Le braccia sono distese lungo i fianchi.
È importante il momento in cui assumiamo la posizione da meditazione. Alcuni la definiscono come una posizione dignitosa perché la postura ci parla, mette in comunicazione mente e corpo. La posizione ci aiuta a ricordarci che siamo meritevoli e degni.
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